martedì 15 aprile 2014

Come programmare l’internazionalizzazione d’impresa: 10 punti indispensabili.



Come programmare l’internazionalizzazione d’impresa: 10 punti indispensabili! Se la vostra impresa ha in mente di approcciare un processo di internazionalizzazione di impresa, ma non ha mai avuto esperienze precedenti in merito, è bene cercare di ritagliarsi qualche giorno di tempo per poter discutere con un esperto di alcuni punti fondamentali che è bene non sottovalutare.La localizzazione invece si applica al prodotto che viene venduto su un mercato estero particolare e completa il prodotto stesso con le traduzioni del testo o con l'adattamento alla particolare cultura locale.

Ecco quindi un decalogo di 10 aspetti che non dovete assolutamente sottovalutare quando andate a programmare le vostre strategie di internazionalizzazione.L'internazionalizzazione d'impresa viene applicata durante la fase di progettazione del prodotto, e cioè in tale fase vengono predisposti tutti gli elementi perché il prodotto possa essere facilmente venduto sul mercato internazionale:

 [1] Pianificare bene, pianificare a lungo La prima regola della pianificazione è… pianificare! Senza una specifica e profonda programmazione di un qualsiasi processo di internazionalizzazione, le vostre belle speranze di ottenere successo nei mercati esteri naufragheranno nel vuoto. Raccogliete quante più informazioni possibile, prevedete tutte le spese e gli ostacoli che affronterete, e predisponete le coperture necessarie.

 [2] Nessun passo più lungo della gamba Pensare in grande spesso aiuta a stimolare il raggiungimento degli obiettivi, ma pensare troppo in grande senza le necessarie risorse non vi porterà da nessuna parte. Cercate quindi di ponderare gli obiettivi di internazionalizzazione sulla base delle vostre caratteristiche e delle risorse che potete acquisire in esterno (ad esempio una società di consulenza per l’internazionalizzazione).

 [3] Studiare i mercati esteri I mercati esteri sono diversi gli uni dagli altri, e all’interno di uno stesso mercato esistono numerosi “sotto-mercati” con i quali è bene fare confidenza: “Esportare” significa anche scegliere “dove”: pianificate quindi le caratteristiche dei singoli mercati internazionali e domandatevi quali saranno i punti di forza dell’azienda in ciascuno di essi.

 [4] Predisporre una buona strategia competitiva Oltre al “dove” di cui al punto [3], un buon piano per l’internazionalizzazione non può certamente dimenticare la predisposizione di una buona strategia competitiva che possa comprendere l’identificazione dei segmenti,, l’analisi competitiva, i canali di distribuzione, la presenza di partner e concorrenti locali, il posizionamento e tanto, tanto altro ancora.

 [5] Preparare la vostra organizzazione Anche se vi rivolgete ad una brava società di consulenza per l’internazionalizzazione (ipotesi che per la stragrande maggioranza delle ipotesi sarà consigliabile) è bene cercare di predisporre la vostra organizzazione all’impatto del business estero: dall’aspetto produttivo a quello amministrativo, valutate in che modo rivedere le vostre risorse.

 [6] Non tutto il mondo è Paese Anche se il detto “tutto il mondo è Paese” è abusato, sappiate che nel commercio estero questo non è assolutamente vero. Studiate quindi le differenze culturali e normative tra l’Italia e l’estero, Milano e Londra: eviterete di incappare in spiacevoli inconvenienti e, soprattutto, potrete conquistare dei valori aggiunti fondamentali per rimanere sul mercato nel lungo termine.

 [7] Curate l’aspetto delle riscossioni Il rischio di andare incontro agli “insoluti” (ovvero, ai mancati pagamenti) è piuttosto elevato in alcuni mercati, e potrebbe pregiudicare il mantenimento del vostro obiettivo iniziale. Predisponete pertanto qualche soluzione alternativa per ovviare a tale inconveniente (dal reperimento di informazioni commerciali ai contratti di factoring).

 [8] Non sottovalutate i trasporti Altro elemento fondamentale è quello relativo alla logistica e alla distribuzione. Spesso i costi legati all’esportazione e al trasporto al cliente finale / intermedio dei vostri prodotti possono pregiudicare tutti i margini. Cercate quindi di valutare con grande attenzione quali sono gli step più importanti per ottimizzare questo aspetto.

 [9] Documentazione in regola Verba volant, scripta manent, dicevano i latini. Che, tradotto in termini più concreti, per voi può significare: fate attenzione a non sottovalutare gli aspetti documentali. Raccogliete quindi tutta la documentazione commerciale e quella legale, predisponente contratti in regola e siate molto scrupolosi: risparmierete fatica e (spesso) soldi.

 [10] Non siete soli L’ultimo elemento sul quale vale la pena soffermarsi è che nel mercato estero non siete soli. Tante aziende prima di voi hanno sicuramente pensato di attaccare quel determinato mercato di destinazione. Riflettete per un momento: ci sono riuscite? Dove hanno avuto successo? Dove hanno fallito? Come possiamo fare meglio di loro?, ogni azienda o artigiano che sia deve saper trovare le risposte in tempi brevi se vuole essere leader del proprio mercato.

sabato 16 novembre 2013

Quali sono le dinamiche dell'export internazionale per il made in Italy



Secondo quanto affermava poco fa un report dell’Istat sul commercio estero, circa un’impresa su cinque (appartenente al settore dell’industria e dei servizi) svolge attività al di fuori dei confini nazionali, con una dinamica molto più importante per quanto attiene le medie – grandi imprese. Di fatti – prosegue il dossier dell’Istituto Nazionale di Statistica – tra le imprese maggiori si nota un interesse significativamente maggiore per il mercato nazionale e per quello estero: tra le imprese di media dimensione (50 – 249 dipendenti), ad esempio, e tra quelle di grandi dimensioni (+ 250 dipendenti), ben un’impresa su due si affaccia sui mercati esteri e propone il made in Italy, con una proporzione che rimane invece molto più bassa nelle piccole imprese (19 – 49 dipendenti), dove la percentuale cala a meno di un terzo, e soprattutto tra le micro imprese (3 – 9 dipendenti), dove la percentuale crolla a meno di una su cinque.

Per quanto concerne i settori di attività economica, le imprese che operano nel commercio sono quelle che hanno la maggiore propensione a limitarsi alle operazioni sul solo mercato locale (esporta solo il 30% delle aziende), mentre quelle dell’industria sono certamente più dinamiche (il 46% è attivo sui mercati esteri). Per quanto invece attiene la ripartizione territoriale, sensibili differenze possono essere rilevate tra il Sud e il Nord, con il Meridione che annovera oltre il 70% delle imprese che operano esclusivamente nel mercato locale, mentre oltre un’impresa su quattro appartenente alla macro area del Nord Ovest e del Nord Est opera sui mercati esteri ed opera attivamente nell'export internazionale.

Infine, sul fronte della clientela di destinazione, circa il 40 per cento delle aziende di industria e servizi ha come clienti finali soprattutto le famiglie, mentre il 60 per cento si rivolge alle pubbliche amministrazioni, alle aziende, al settore non profit e a quello agricolo. La ripartizione cambia invece se parliamo di imprese del settore del commercio e degli altri servizi, considerando che queste si rivolgono per almeno il 50 per cento alle famiglie, contro un 15,8 per cento delle imprese del settore industriale e il 30,3 per cento del settore delle costruzioni.

Ancora, nel settore terziario, il comparto dell’assistenza e del commercio al dettaglio guarda alla famiglia nell’80 per cento degli operatori, mentre i settori di attività scientifica e di consulenza hanno come principali interlocutori commerciali altre imprese o le istituzioni. In ogni caso, la tendenza a fare del business internazionale sta crescendo in maniera trasversale, riguardando qualsiasi tipologia di impresa, sempre più alle prese con la predisposizione di strategie per l’internazionalizzazione molto più specifiche e pianificate per un export globale.

lunedì 14 ottobre 2013

Internazionalizzazione del Vino Italiano




L'export di vino italiano costituisce una delle tendenze dinamiche di maggiore appeal per gli operatori nazionali. A conferma di ciò, sia sufficiente consultare le straordinarie prestazioni di vendita dei prodotti tricolori sui mercati internazionali, e le quote di mercato che il sistema Italia riesce a detenere su scala globale. Una delle ragioni per considerare l'internazionalizzazione del vino Italiano anche per i machi meno prestigiosi parte dal fatto che tutta la filiera della micro e media impresa Italiana si accinge a trasformarsi in impresa internazionale.

Mentre costituire elemento deteriorante è, tuttavia, il nodo relativo alle tariffe di importazione e alle tasse sul vino comunitario in alcuni dei Paesi emergenti più interessanti per le aziende italiane. India e Vietnam stanno infatti cercando di scoraggiare i consumi di vino estero (e in particolar modo quello del vecchio Continente) applicando delle tariffe che possono arrivare fino al 150%, mentre in altri Paesi americani e asiatici barriere non tariffarie sono in corso di applicazione in misura più o meno avanzata. Come se non bastasse, indagini anti-dumping sarebbero state avviate nei confronti della Cina, dove non mancnao gli esempi di "discriminazione" nei confronti dei vini europei.

Non è un caso che la Ceev, l'organizzazione di rappresentanza delle industrie del vino, abbia fatto recentemente notare come i risultati ottenuti dalla Commissione europea nei confronti di un miglior supporto al commercio estero del vino siano stati piuttosto deludenti, anche visto e considerato il fatto che il vino europeo rappresenta il principale settore agricolo per export, con un valore di quasi 9 miliardi di euro ogni anno. Ancora, sottolinea la Ceev, sui 15 mercati chiave per il vino italiano ed europeo, la Commissione avrebbe prodotto esclusivamente 4 accordi. Per il resto regna la confusione e, a volte, le penalizzazioni per prodotti che potrebbero essere ancora più commercializzati in ottica internazionale.

Ulteriore tassello in un mosaico piuttosto complesso è, infine, la presa di posizione temporeggiante dell'Icann, l'istituto che gestisce i domini internet: l'ente ha infatti deciso di mettere in stand by la diffusione dei domini internet dedicati alla preziosa bevanda (.wine e .vin), rilanciando al 17 novembre una decisione sul da farsi. le notizie di export incoraggiano a considerare soluzioni di internazionalizzazione d'impresa professionali nell'ottica di affrontare nel mondo migliore i nuovi mercati e le nuove richieste. Non ci sono problemi nel businesses ci sono solo soluzioni.

mercoledì 9 ottobre 2013

Export con l'e-commerce



Un connubio che va sfruttato molto e  meglio secondo quanto affermano i recenti risultati di un'indagine condotta da Doxa Digital e da Google, la strategia export con l'e-commerce da parte delle imprese che esportano i propri prodotti all'estero avrebbe generato un'impennata dei ricavi, a conferma di quanto sia importante predisporre tale canale alternativo per promuovere le proprie creazioni. Complessivamente, afferma la ricerca, la percentuale di piccole imprese che intrattengono delle relazioni con l'estero grazie all'utilizzo di strumenti digitali sarebbe di quattro volte superiore alla percentuale di aziende non digitalizzate. Inoltre, prosegue l'analisi, al crescere del livello di "maturità digitale" (ovvero, la conspapevolezza e la capacità di gestire gli strumenti informatici) sarebbe altresì cresciuta la percentuale di operatori che esportano, passando dal 55% delle imprese non digitali al 67% delle imprese digitali.

Per quanto concerne i riflessi sul fatturato, elemento commerciale di maggior rilievo analitico, Doxa afferma come le imprese digitalmente avanzate dichiarino come il 24% del fatturato che deriva dall'export sia realizzato proprio mediante il canale digitale. Non solo: sempre secondo quanto suggerisce l'osservazione di Doxa Digitale, al crescere del livello di "maturità" digitale crescerebbe anche la propensione a esportare. Le imprese non digitali che esportano si fermano infatti al 74% dei casi, contro l'87% delle imprese digitalizzate. A conclusione delle principali statistiche, si noti come la percentuale del fatturato che deriva dall'export, che è stata realizzata mediante il solo e-commerce, sia pari al 39%. Alla luce dei dati che precedono, appare molto evidente quale sia l'importanza del commercio elettronico per le aziende che esportano.

L'e-commerce rappresenta, in altri termini, un canale di promozione davvero indispensabile per tutte le imprese che desiderano raggiungere in tempi rapidi, e a costi competitivi, i mercati di destinazione dei propri prodotti. Per tale motivo alcune aziende leader nei servizi innovativi per l'export sono sempre a disposizione per cercare di studiare la migliore strategia di promozione internazionale, rendendo l'e-commerce parte integrante di qualsiasi business plan.

lunedì 30 settembre 2013

Servizi di internazionalizzazione per le imprese



Non accennano ad esaurirsi le notizie positive per gli esportatori di vino italiano. Stando alle ultime statistiche presentate da Assoenologi in occasione dell'incontro svoltosi pochi giorni fa a Roma con il ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo, infatti, l'export della preziosa bevanda sarebbe ancora cresciuto nel primo semestre dell'anno, con un incremento dell'8 per cento in termini di valore.

Con una simile progressione, il vino non può che rappresentare un validissimo elemento contribuente nella crescita delle esportazioni dell'intero settore agroalimentare, che nel 2013 dovrebbero raggiungere e superare quota 34 miliardi di euro. In maniera più specifica, secondo l'analisi presentata da Assoenologi, nel primo semestre il valore delle esportazioni sarebbe passato dai 2,16 miliardi di euro della prima parte del 2012 agli attuali 2,35 miliardi di euro. I volumi rimangono invece intorno a quota 10 milioni di ettolitri, con una flessione del 3,1 per cento: ne consegue che l'incremento del valore dell'export di vino è derivante esclusivamente dall'aumento del valore medio della bevanda, che passa da 2,13 euro a 2,38 euro al litro, con una crescita di quasi il 12 per cento.

Le buone notizie sull'export di vino erano d'altronde già state premesse da una precedente analisi compiuta dalla Coldiretti su dati Istat, grazie ai servizi di internazionalizzazione per le imprese i dati relativi al primo quadrimestre del 2013. Sulla base di quella osservazione, in particolare, era emerso che se il trend delle esportazioni di vino italiano dovesse essere mantenuto costante anche nei prossimi mesi, il settore potrebbe tagliare l'importante traguardo dei 5 miliardi di euro di spedizioni della bevanda. Su Ego International venne inoltre a suo tempo ricordato come - proprio grazie al buon contributo dell'ultima vendemmia e delle previsioni sulla nuova - l'Italia sia il secondo produttore mondiale di vino dopo i vicini francesi, e davanti la Spagna, gli Stati Uniti e la Cina.

venerdì 13 settembre 2013

Risorse energetiche in Italia



L'italia si presenta con poche risorse energetiche a disposizione. Pur basandosi sul manifatturiero e bisognosa di risorse i depositi di acciao e petrolio non sono significanti. Negli ultimi anni sono stati scoperti rilevanti giacimenti di gas metano nell'Adriatico e nell'area di Rovigo. Tutto il settore energetico dipende esclusivamente dall'import fino all 90% del fabbisogno Italiano.I tentativi di creare centrali nucleari non hanno mai trovato realizzazione per motivi politco e sociali. La totalità dell'energia elettrica Italiana viene generata dal gas o dal petrolio, il rimanente fabbisogno elettrico viene direttamente importato dalla Francia, per questo l'Italia paga circa il 40% in più rispetto agli altri stati membri della comunità Europea.

Per quando riguarda le fondi di energia alternative l'Italia comincia muovere i primi passi nel fotovoltaico, solare termico e mini eolico. Il settore delle energie rinnovabili è in piena espasione, i costi diminuiscono, le tecnologie si perfezionano.